Elfa di duecentocinquanta anni, porta nel suo incedere la freddezza regale e inaccessibile di chi è abituato a dominare nell’ombra. La sua figura, alta e slanciata, si muove con una grazia inquietante, felina, come se ogni passo fosse calcolato per insinuarsi senza rumore nel mondo che la circonda. Ogni suo gesto è elegante, sì, ma carico di un’alterigia sottile, di quella consapevolezza crudele di essere superiore, e di non doverlo dimostrare a nessuno.
I lunghi capelli neri, lisci e lucenti come un velo di pece liquida, le scendono ordinatamente lungo la schiena, incorniciando un volto affilato e pallido, la cui bellezza algida cela un cuore privo di pietà. Gli occhi, d’un viola profondo e ipnotico, brillano come ametiste sotto una luce oscura: sono occhi che scrutano, giudicano, manipolano, specchi di un’anima fredda, che non esita a ferire, ingannare o distruggere, se ciò le offre vantaggio.
Le sue vesti sono lussuose, ma mai ostentate: predilige abiti in tonalità scure, nero corvino, blu profondo, grigio fumo, adornati con fili d’argento come cicatrici celesti in una notte senza luna. Ogni capo che indossa sembra avvolgerla come un’ombra vivente, accentuando il suo alone di minaccia silenziosa. Nulla di lei appare casuale; ogni dettaglio, anche il più piccolo, è scelto per incutere rispetto o timore.
Schiva e diffidente per natura, non concede mai nulla di sé, se non ciò che ha deciso di usare come arma. Le sue parole sono poche, taglienti, precise, spesso intrise di ambiguità velenosa. Non cerca il contatto, ma lo sfrutta, manipolando alleanze e paure come un’artista della menzogna. La sua mente è affilata come una lama elfica, e il suo cuore, se ancora batte, è un abisso gelido in cui l’empatia si è da tempo dissolta.